
Cristiano Marinari, vive e lavora a Miami da 25 anni. Specializzato nel settore immobiliare, ci racconterà il suo percorso formativo e la sua vita dedicata al mondo del “mattone” sin dai tempi in cui risiedeva in Italia, a Milano, e continuata poi in tutti questi anni in uno scenario diverso, quello di Miami, Florida.
Ciao Cristiano, raccontaci il tuo background, dove e come ha avuto inizio la tua carriera
Ho iniziato il mio percorso formativo a Milano nel 1986, maturando le prime esperienze all’interno di alcune agenzie immobiliari del quartiere borghese in cui risiedevo. In quei tempi, in assenza di computer, telefonini ed internet era l’ingenio dell’individuo che permetteva di emergere ed avere successo nel trovare i necessari interlocutori per le compravendite. Al principio, appena ventenne, mi ero creato una mappa delle case in vendita nella mia zona e attaccavo dei cartelli “VENDESI” sui pali della segnaletica stradale in prossimità delle scuole elementari, cercando di attrarre compratori tra chi immaginavo avesse la necessità di più spazio, perché con dei figli piccoli.
Non essendo ancora stati inventati i telefonini e senza avere un ufficio, nel pomeriggio attendevo vicino al telefono in casa dei miei genitori presso i quali ancora abitavo. Rispondevo con atteggiamento professionale alle telefonate dei miei primi clienti e mi offrivo di condurli presso le varie residenze in vendita, ove collaborando con i colleghi incaricati della vendita, talvolta concludevamo l’affare.
Non appena guadagnati i fondi necessari, assieme ad altri due soci, rilevai le quote di una società immobiliare già consolidata sul mercato da molti anni, della quale divenni amministratore unico.
In quei tempi si iniziava a regolamentare il mercato immobiliare che sino ad allora non richiedeva abilitazioni di nessun tipo e nel 1989 fummo tra i primi ad ottenere il nuovo “patentino”, aderendo al processo della Camera di Commercio di Milano per la legittimazione e riqualificazione della professione degli agenti immobiliari.
Oltre al patentino, assieme alla mia voglia di conquistare il mondo, dotai il nostro ufficio dell’allora avanzatissimo sistema di “telefax” e di uno dei primi computer Apple che, in assenza di internet e email, ci permetteva solo di scrivere delle bellissime lettere e tenere gli indirizzi dei nostri amici e clienti, ma certamente impressionava ogni visitatore!
Il lavoro in quei tempi consisteva principalmente nell’essere attivi socialmente alimentando il più possibile il proprio giro di contatti e cercando di creare dei match tra potenziali clienti.
Una fantastica realtà all’interno della quale non avrei potuto essere più soddisfatto e che procedette con grande armonia e successo per alcuni anni.
Quando hai deciso di trasferirti a Miami?
Nel 1992 con il trattato di Maastricht, l’Italia – assieme ad altri 27 paesi – decideva di dare vita a un mercato unico europeo ed anche la panoramica dell’immobiliare sembrava pronta ad aprire le sue porte al resto del mondo.
Per non farci trovare impreparati alla possibilità di questa nuova branchia del mercato praticamente priva di concorrenza decisi di trasferirmi negli USA, non solo per affinare il mio inglese commerciale, ma soprattutto per apprendere il “business style” internazionale, entrambi elementi indispensabili per affrontare con efficacia questa nuova battaglia.
Tuttavia, le aspettative di afflusso di investitori stranieri in Italia vennero disattese ed, anzi, il mercato iniziò una inesorabile fase di crisi che durò quasi dieci anni.
Il mio ufficio di Milano, come tanti altri, venne chiuso per mancanza di affari ed io decisi di trasferirmi definitivamente a Miami dove invece, sulla scia di quanto avveniva in Italia (mani pulite etc.), affluivano molti dei capitali ormai “scomodi” che giacevano inutilizzati un po’ ovunque nel mondo.
Agli inizi degli anni ‘90 Miami affrontava una vera e propria rinascita, con molti stimoli e opportunità per un giovane imprenditore pieno di entusiasmo come ero io.
Dopo alcuni mesi dedicati alla conoscenza dell’Inglese ottenni l’abilitazione Statale, indispensabile per operare come agente immobiliare -“realtor”- ed accreditai la mia licenza presso l’ufficio più internazionale che riuscii a trovare, ossia il “Fortune International Realty”. Dopo un anno di tirocinio obbligatorio venni assunto come direttore vendite di uno dei progetti dei nuovi costruttori italiani che si affacciavano con coraggio e mestiere sulla piazza e dopo un anno circa aprii il mio proprio ufficio che ancora oggi dirigo.
Ma com’era il panorama immobiliare a Miami negli anni Novanta e negli anni successivi?
Al principio degli anni Novanta Miami iniziava una nuova fase di rinvigorimento e di crescita che da allora, ad eccezione del periodo di crisi generale durato dal 2007 al 2011, non si è mai interrotto.
Lo skyline della città cambiava a vista d’occhio ed interi edifici, costituiti da centinaia di appartamenti, venivano venduti in poche ore, non appena veniva aperta la offerta al pubblico.
Alcuni si accampavano addirittura per strada, anche per uno o due giorni, per essere tra i primi a poter accedere alle vendite… e solo una manciata di minuti veniva concessa ai vari compratori per accaparrarsi una o più unità, semplicemente guardando il rendering dell’edificio che indicava grossolanamente le unità disponibili e la propria collocazione all’interno della struttura.
In realtà non tutti gli acquirenti avevano realmente l’intenzione di abitare gli appartamenti che avevano prenotato e spesso non erano neppure dotati dei mezzi economici per comprarli davvero. Nelle statistiche redatte per monitorare la crescita della regione ogni nuova vendita rappresentava realmente un nuovo residente per la città, ma i numeri che attestavano la crescita non si riconciliavano bene con gli scenari di “città fantasma” che i molti grattacieli, quasi totalmente bui la sera, impietosamente rivelavano. In altre parole, ad ogni vendita non corrispondeva di fatto un nuovo residente, bensì era la stessa unità che veniva rivenduta due o tre volte a speculatori non residenti.
La maggior parte degli investitori era mossa dalla semplice illusione dell’investimento facile e ad alto reddito ed acquistava una o più unità sulla carta con la speranza di rivenderle con profitto entro il rogito. Una comoda realtà che sembrava inarrestabile come la crescita dei prezzi delle case e l’entusiasmo degli investitori “fai da te”.
Quello che stava invece crescendo in maniera silenziosa ed incontrollabile era la “bolla” speculativa che, nonostante il rifiuto del pubblico ad accettarne l’esistenza, era ormai prossima al collasso.
E’ solo nel 2008 che, attraverso il fallimento della Lehman Brothers, il mondo definitivamente prese coscienza della reale entità della crisi ed iniziò ad intuire quanto sarebbe successo.
Per chi negli anni precedenti aveva aderito alle teorie del radicalismo statunitense che proclamavano il “diritto alla casa” e per chi si era lasciato attrarre dalla politica dei “mutui facili” si sarebbe presto trovato a confrontarsi duramente con la realtà.
Gli edifici appena costruiti e già venduti sulla carta rimanevano vuoti e la gente o rinunciava a perfezionare l’acquisto di quanto già sapeva valesse meno del prezzo pagato, oppure semplicemente rinunciava per l’impossibilità di ottenere il mutuo promesso dalle banche al momento della prenotazione. Il mercato era in balìa degli speculatori ed anche il Governo centrale dovette intervenire per ridurre e controllare il flusso di immissione dei fallimenti che a causa delle sue dimensioni aveva fagocitato il mercato delle compravendite convenziona, imponendo prezzi bassissimi. Per quasi chiunque avesse acquistato nel quinquennio precedente e volesse semplicemente rivendere il rischio di perdita poteva arrivare anche al 50%.
Dopo la lunga crisi, Miami, per prima negli Stati Uniti, ha dato segnali di ripresa del mercato e da allora, quasi a conclusione di un ciclo completo, siamo ritornati ai valori di mercato degli anni di picco 2005-2007.
Ho inoltre partecipato attivamente alla vita associativa degli italiani a Miami, rappresentando alcune prestigiose organizzazioni quali ad esempio la Camera di Commercio Italiana ove ho potuto assistere in prima persona al processo di internazionalizzazione di numerose aziende italiane e di singoli imprenditori in vari settori.
Nel mio caso ho ritenuto opportuno coltivare per oltre 25 anni una competenza specifica nel settore immobiliare in ogni suo aspetto, assistendo attraverso la mia società (American ReQuest Co.) gli investitori italiani a vari livelli.
Hai dei suggerimenti da dare per chi avesse intenzione di trasferirsi a Miami ed aprire un’attività?
Certo! Per tutti coloro che considerano Miami come una nuova piazza sulla quale rimettersi in gioco con delle attività commerciali esiste una struttura specifica che offre soluzioni anche alle loro esigenze. La “InBusiness Florida” assiste l’imprenditore nella ricerca dell’attività già avviata o dei locali dove crearla e permette di ottenere tutte le licenze e permessi necessari per l’apertura al pubblico.
Oggi le prospettive di mettersi in gioco su piazze internazionali è diventata una realtà affrontabile a tutti i livelli. Gli italiani a Miami hanno dato segnali di grande capacità imprenditoriale e hanno partecipato in maniera concreta nell’affermare il prestigio del made in Italy, lasciando alle spalle i vecchi modelli legati alla nostalgica fase di emigrazione degli anni ‘50.
In tempi recentissimi la nuova amministrazione Trump ha ottenuto riconoscimenti concreti circa la crescita e lo sviluppo dell’economia anche grazie all’approvazione della recente riforma fiscale che incoraggia l’impresa.
Quando mi trasferii a Miami poco più che ventenne scoprii che l’America era come viene spesso descritta, un paese di grandi opportunità, e certamente gli strumenti che esistevano sul mercato del lavoro, per un giovane imprenditore, erano potenti e disponibili.
Da allora non ho mai smesso di cercare di utilizzarli per aiutare chi dall’Italia desidera investire negli USA e lavorando assieme abbiamo ridotto le eventualita’ che il diverso “business style” possa portare a scelte sbagliate.
Progetti per il futuro?
In questi giorni sto dedicando le mie risorse allo sviluppo di un progetto… si tratta di un “boutique Hotel” nel cuore di South Beach, a due passi dal mare… ed è un progetto che desidererei realizzare attraverso un’alleanza con degli investitori italiani.
Per chiunque possa essere interessato ad investire in Florida oppure semplicemente a rimettersi in gioco, trasferendo la propria attività commerciale oppure aprendone una nuova, i miei recapiti sono i seguenti:
Cristiano Marinari
http://inbusinessflorida.it